giovedì 23 maggio 2013

Venti di speranza



Kununurra sembra un'isola felice fatta di integrazione tra bianchi e aborigeni, invasa da backpacker in cerca di farm. Il campeggio è pregno di giovani francesi che hanno il merito di sembrare i più adattabili alla vita povera, ma hanno quel loro modo spocchioso di fare combriccola e quella capacità di impossessarsi di tutti gli spazi comuni che li rende scarsamente sopportabili. Eppure loro ci sono, gli italiani invece sembrano troppo affezionati agli agi di città.
A Kununurra il clima è più mite, se mite è la parola adatta, meglio dire clemente, con una leggera brezza e qualche montagna a fare ombra mattina e sera. Ci fermiamo un paio di giorni, non tanto per il clima, quanto perchè arriviamo di sabato e nel week-end è dura cercar lavoro. Lunedì valuteremo il da farsi.
La parabola del sole fa un giro diverso, sembra aver fretta di sorgere e di tramontare per risorgere e quando è alto scaldare ogni cosa, ma la sua parabola diurna non è perfettamente centrata e le ombre non scompaiono mai perchè la sua traiettoria arriva di striscio allo zenith.
La vita nel campeggio alle pendici del Mirima National Park scorre con una lentezza che cozza con la frenesia con cui avevamo preso a macinare strada. I backpacker qui non sono molti e sembrano essere qui da sempre. Chiacchierando di domenica pare di capire che siamo arrivati in un buon momento, prima del grande flusso migratorio che riempirà campeggi e ostelli. Fiduciosi cerchiamo spazi ombreggiati e aspettiamo.

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