mercoledì 7 novembre 2012

Susan e i suoi fratelli/1


Susan è la sorella di James e di Emanuel che abitano con Sandy, ma non solo. Mentre  ci dirigiamo in auto verso casa sua con Sandy e James, scopriamo che sono sette fratelli. Il dettaglio sarebbe irrilevante se di lì a breve non ci accadesse di imbatterci ripetutamente in uno di essi. Arrivati di fronte alla casa, bussiamo alla porta (come in America niente citofoni, si apre la porta antizanzara e si bussa), passa del tempo prima che Susan, la nostra Beyoncé tutta d’un pezzo, venga ad aprirci. Mentre ci mostra la casa sentiamo dei movimenti provenire dalla sala, come di qualcuno che stia scappando dalla porta sul retro. Ci voltiamo ed effettivamente notiamo un’ombra uscire dalla porta che dà sul giardinetto dietro casa (altra caratteristica delle abitazioni – non l’ombra che fugge, quanto il giardino dietro). Abbattuti dalle precedenti delusioni in fatto di scelta di casa, decidiamo di non indagare e visto, che tutto sommato, la casa si presenta come accettabile via di mezzo tra quelle viste, decidiamo di fermarla. E tiriamo un sospiro di sollievo.
L’appuntamento è per il giorno dopo alla fermata della metro dove, gentilmente, ci ha accompagnato Sandy al termine della visita della casa.
Il giorno seguente salutiamo la prima breve esperienza in ostello, ci carichiamo gli enormi zaini in spalla e, schiacciati dal carico come muli da soma, prendiamo la metro. Ci dirigiamo verso la fermata indicata dove Susan verrà a prenderci. Nell’emozione del giorno prima non abbiamo fatto caso al nome della fermata, ma ci ricordiamo bene che dobbiamo prendere la linea gialla e scendere alla seconda. Così facciamo. E così ci ritroviamo in una fermata simile, ma decisamente non uguale a quella che avevamo nella memoria – che si sa a volte gioca degli scherzi, ma a così breve distanza saremmo da ricovero. In quella fermata sconosciuta, chiamo Susan che non risponde. Capita a volte di sentirsi soli e abbandonati, quella è una di quelle. Le mando un messaggio, ma non risponde. Ripiego su Sandy a cui chiedo il nome della fermata, mi dice essere Oats Street, che, chiedendo a chi aspetta la metro con noi, risulta essere diverse fermate dopo. Scopro così che la linea gialla è l’unica ad avere due diverse linee parallele, entrambe fermano in Oats Street, ma una fa poche fermate e l’altra tutte. Con qualche patema arriviamo alla giusta fermata, ma dovremo ancora attendere una mezz’ora fatta di ansie e pensieri neri sul fatto che la casa sia stata affittata ad altri più belli, o che si trattasse solo di uno scherzo orchestrato dall’apparentemente gentile Sandy e i suoi amici di colore, prima che Susan si faccia viva e risponda che sta venendo a prenderci. Tiriamo l’ennesimo sospiro di sollievo. Imparerò strada facendo che l’affidabilità degli autoctoni negli appuntamenti è decisamente scarsa, ma vivendo la vita in modo molto easy, non dev’essere un problema, take it easy, mate! (ma ancora non mi ci sono abituato).



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