Quando a svegliarti è il gallo gli orari si sballano, le sveglie non contano più. La vita dei villaggi come Amed inizia presto all'alba quando i pescatori si spingono a largo alla ricerca di macrel da cuocere sul fuoco, i pomeriggi scorrono lenti. A casa del nostro amico nove dei non so quanti nipoti hanno costruito delle trottole incassando la punta di una penna in due monete bucate e ne fanno una anche per noi e il regalo ha un valore immenso e, nonostante l'incomunicabilità linguistica, ci sfidiamo a chi riesce a farla stare in piedi, ruotando, più a lungo possibile.
Vedere nove bambini balinesi
radunati intorno ad una ciotola in una casa diroccata ma dignitosa in
mezzo ad una foresta rigogliosamente verde non è certo l'immagine
che appare digitando Bali su google, ma è una delle più autentiche
che ho incontrato. O anche la donna sul ciglio della strada incassata tra assi di legno che arde noci di cocco da cui ne ha estratto il
contenuto per fare una salsa verde da spalmare sugli spiedini di
porco cotti alla brace di cocco o quelli di qualche parte interna di
vacca (questi non cotti), che sono una roba sublime.
Chissà cosa pensavo quando ho
preso il volo per rilassarmi una settimana a Bali, uno dei luoghi
dell'immaginario popolare per eccellenza; il relax estremo, cocktail
in spiaggia, massaggi profumati, credo esista davvero ma è un'altra
Bali, quella dei resort. Quel luogo comune non fa al caso nostro, credo
che la noia mi avrebbe assalito dopo mezza giornata e non avrei
trovato valide alternative allo sbronzarmi 24/7. Qui invece mi faccio
di succhi di frutta tropicali, qualcuno in un locale vicino suona la
chitarra e la musica si fonde col grugnito del maiale dell'abitazione
di fianco e il porco sembra tenere il ritmo. Mi sto abituando alle
cacate che i gechi mi rilasciano sulla camicia come bombe e che rimbalzano via.
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