Quando guardo i figli dei locali di quelle madri e padri piccoli di statura (bloccati forse da tutti i pesi che sin da piccoli trasportano sulle proprie teste) quando vedo questi ragazzini, sotto i dieci anni, sfrecciare senza casco in due su scooter più grandi di loro, ripenso a tutte le battaglie per avere il mio primo motorino – un Ciao dei primi anni '70 – appartenuto a mio zio, che faceva i 30 all'ora e che con il serbatoio quasi scarico e in discesa sfiorava i 40.
Avevo sedici anni.
Quando guardo i figli dei
locali, bambini tra i cinque e i dieci anni sguazzare in acqua come
pesci, correre scalzi su pezzi di corallo a riva e su un giardino di
coralli in acqua, così indifferenti al dolore che provo io ad ogni
passo, e anche vederli surfare su onde in miniatura come fossero già
adulti, quando li guardo ripenso ai villaggi turistici, i giochi
organizzati, io che a quella loro stessa età ero considerato
indifeso e stavo con gli altri bimbi indifesi tra sedie a sdraio e ombrelloni,
tra mamme grasse intente a scostarsi la pelle per spelucchiarsi - munite di pinzette - i peli che fuoriuscivano dalla parte di costume
che copriva la zona da cui noi giovani indifesi eravamo stati
espulsi. E ora mi chiedo da quello spettacolo osceno chi ci difendeva? Vivevamo così
ovattati che ogni giorno l'altoparlante urlava il nome del piccolo
fabio o del piccolo marco che si era perso e la mamma lo attendeva
(ancora con le pinzette in mano) disperata alla reception,
possibilmente prima che iniziasse il gioco aperitivo.
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