venerdì 9 agosto 2013

Quarantasette


“Aspetta un attimo” ci aveva detto e noi abbiamo aspettato aperti a ogni sorpresa che il destino australiano ci avrebbe riservato.
E poi siamo entrati in un vortice di parole in dialetto veneto e espressioni in disuso “quello è un macaco”, “quello è andato ramengo”, “questo ha fatto moneta ma è un tirapiedi”. E le parole sono un fiume, non so se quando è solo pensi a voce alta, ma con noi dà fiato a tutti i pensieri e stargli dietro è un'impresa ardua perchè – come sono i pensieri – non hanno logica. E dopo una settimana ti gira la testa,
Abbiamo anche provato a mettere ordine nel suo caos di parole e oggetti laddove sembrava impossibile, ma non-
Patch è tutto e nel tutto c'è molto di negativo.
Ha i pregi e i difetti - e questi si notano di più – dei padri, ma è anche un ragazzino nel corpo di un sessantenne, si nota
Dimbulah è un altro paese che sorge ai lati di una strada principale, di fianco alla strada corre la ferrovia che non ha passaggio a livello ed è obbligatorio fermarsi allo stop prima di attraversare; in tre settimane ho visto passare il treno una sola volta di mercoledì, un solo vagone, molto lento. Poi ho scoperto che il mercoledì è l'unico giorno in cui il treno passa per qua, ma lo stop si deve fare comunque sempre. Venti giorni su tre settimane sono stati scanditi da stop insensati. Eppure la legge prevede
Dimbulah ha meno di 500 abitanti e Patch è uno dei più caratteristici, di sicuro è l'elemento più dinamico in una realtà statica, purtroppo il suo dinamismo è fatto di scelte di tempo perlopiù sbagliate.........
Qui tutti si conoscono ma non tutti si parlano. Patch, che ha sangue veneziano, è un mercante molto permaloso e, per screzi risalenti a anni addietro che ricorda con puntuale precisione, ha deciso di troncare in modo definitivo i rapporti con una metà dei compaesani, mentre con l'altra ha splendidi rapporti (splendidi va inteso, nella maggior parte dei casi, con intrecci lavorativi e gente che nel tempo ha imparato a non ascoltare i suoi monologhi).
Sopportarlo significa prestare attenzione a non più del 10% delle cose che dice e ripete e ripete e ripete e ripete e ripete e ripete e rip
Se la mattina ti svegli con un velo di mal di testa, imparerai che, vivendoci così a stretto contatto, il dolore aumenterà gradualmente e il Moment farà il suo dovere con straordinaria lentezza
Patch,
Noi non siamo persone troppo loquaci, ma siamo curiosi e ci piace sapere e conoscere storie, ma dopo la prima settimana in cui abbiamo imparato molto su piante e frutti tropicali, sulla comunità che cinquant'anni fa si trasferì qui dal nord italia e fece fortuna coltivando tabacco salvo poi dover riconver
L'album che raccoglie le foto e le storie delle famiglie italiane che vennero qua in una seconda colonizzazione e il cimitero del paese con tutte le lapidi con nomi italiani e molto spesso anche le scritte, tutto mi fa pensare a
Ogni discorso tagliato, ogni post iniziato e non finito, ogni volta che trovavo un attimo in cui il suo impeto si placava, in questo assurdo woofing che è lavoro sempre e mai che dura più di dodici ore al giorno e mi lascia pochi minuti d'aria, ogni volta che iniziavo a pensare e scrivere, ogni volta il suo impeto tornava più invadente che mai e il mio flusso di coscienza mor
Moriva anche la nostra voglia di parlare con altri esseri umani, che fosse in inglese o nella nostra lingua madre. In quei giorni in cui affogavamo in quell'oceano di parole impetuose, cercavamo solo silenzio. Anche quando non eravamo con lui (dal momento di chiuderci in van per dormire alla mattina dopo), eravamo come intontiti e ci sussurravamo appena “
Dopo tre settimane anche cucinare per l'ostello, che era una cosa che in principio mi gasò tantissimo, dopo quel tempo e in una cucina stretta come quella, anche cucinare che mi piace sempre, si stava facendo pesante. Comunque riuscivamo sempre a produrre piatti splendidi, le tapas colorate e azzeccate di lei, i miei primi essenziali ma gustosi di italica tradizione, i suoi secondi in cui mischiava frutta, pesce, carne e verdure in accozzaglie -devo ammetterlo – azzeccate nel gusto e gradevoli nella presentazione. Ricordo il primo piatto preparato il primo giorno in cui cucinammo insieme: era il primo cliente, non avevamo fretta, lui aveva fatto il piatto, io l'avevo guarnito con tocchi di colore rubati ai ristoranti dove avevo lavorato in precedenza, il piatto era perfetto, lui era agitatissimo, il piatto era troppo bello, lui nell'andarlo a consegnare alla cameriera si schiantò contro il muro, il piatto finì sul pavimento, lui era andato sul pallone, io gli dissi solo “rifacciamolo”.

Anche i tre giorni che trascorrevamo in ostello, per il mercato e per cucinare a Port Douglas, in uno dei migliori ostelli finora incontrati in australia (parrot fish) si stavano facendo pesanti. La realtà che avevo velocemente rinnegato nei tuguri di Perth si ripresentava anche se con minor disgusto. Dormire in camere da letto da sei con persone con orari diversi che accendono la luce in piena notte o che dormono con la porta della stanza aperta per far circolare la puzza di piedi, il fancazzismo giornaliero, la dipendenza da social network, erano situazioni che mi avevano stancato già nove mesi prima. Avevo solo voglia di van. Forse son vecchio per gli ostelli o forse il van dà dipendenza. Avevo voglia di van e di una cucina senza padrisupergiovani o chef schizzati

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