venerdì 30 agosto 2013

Cinquantatre


Sul far della sera ridevano i laughing jackass
E di notte i gechi sembravano imitarli.
Altri uccelli imitavano il miagolio del gatto o il passaggio del treno
Lei imitava le frasi sconclusionate di Patch
Io imitavo “amici miei” e a Patch facevo supercazzole a ruota
Tutti imitiamo qualcosa
La vita imitava se stessa nel suo tratto più affascinante
Ma le imitazioni durano giusto il tempo di stancare
E un po' di più. Poi succede qualcosa

A me piacciono gli animali ma non ho lo stesso spirito compassionevole che ha lei che in effetti è prerogativa perlopiù femminile. É così che una sera, quando lei non c'era, Patch mi ha chiamato per mostrarmi in segreto ciò che inseguiva da tempo. Erano giorni che papaie e avocadi, colpevolmente dimenticati in giardino, recavano segni di morsi che non erano quelli caratteristici del lungo e sottile becco dell'ibis ghiotto di papaie; questi morsi erano ben più larghi e si notava il segno di denti. Non era un uccello quello che Patch cercava e che aveva finalmente intrappolato, era un opossum.
Me lo mostrò di notte alla luce di una delle torce che aveva sempre con sé, come di consueto non riuscì a condividere ciò che per me era eccezionale, così, dopo un paio, forse cinque secondi, era già tornato in casa lasciandomi al buio a contemplare il tremolante e timoroso silenzio che bucava le sbarre e pervadeva il nero.
Come promisi a Patch, sul momento non le dissi nulla e andai a dormire col flash dell'opossum ingabbiato e indifeso e immobile ma con strani movimenti all'altezza del ventre.
Quella notte sognai molto.
Sognai l'opossum in gabbia, sognai che era una femmina e che aveva un cucciolo molto lungo e molto sottile tanto da riuscire a passare – il piccolo – attraverso i reticoli della gabbia e avvertire il padre dell'accaduto (il padre era un distinto opossum un po' vecchiotto con bastone e cilindro e con qualcosa a quadri, forse i pantaloni, forse un gonnellino scozzese). Non mi sono soffermato troppo su significati freudiani, qualora ce ne fossero, del sogno per due motivi. Il primo era che il senso generale della visione era abbastanza chiaro: l'opossum andava liberato. Per questo avevo bisogno di lei per convincere lui, lui che mi aveva confessato la tentazione di sparare a lei (all'opossum) anziché sprecare benzina per liberarla lontano. Così semplicemente la mattina le dissi di andare a vedere la gabbia senza rivelare chi glielo avesse suggerito. Quella mattina, oltre a riuscire nell'intento grazie alla sua compassione e al suo sorriso, avemmo conferma del mio sospetto: nel marsupio c'era davvero un cucciolo, sporgevano zampe e coda, il poppante fu un motivo in più per dimostrare clemenza e ottenere la grazia. Del padre con gonnellino scozzese non c'era però traccia. Ovviamente.
Il secondo motivo per cui liquidai sbrigativamente quel sogno era un altro sogno che mi lasciò molto più irrequieto. C'erano sempre animali, ma ciò che mi turbò fu la sensazione con cui mi risvegliai. Fu una di quelle volte in cui nel sogno si prende coscienza di qualcosa, uno di quei sogni che ti scuotono dal torpore.
Nel secondo sogno ero su uno scoglio e sotto di me, in acqua, vedevo chiaramente mante giganti e pesci sega muniti appunto di sega elettrica ma evidentemente innocui e tra loro c'erano un paio di persone che facevano snorkeling. Era sera, era troppo tardi per buttarmi, così pensai - nel sogno - che l'avrei fatto il giorno seguente e mentre me ne andavo fui colto da quella sensazione che mi rimase poi anche al risveglio: il giorno dopo i miei giorni di visto ancora a disposizione sarebbero terminati. Mi svegliai con questa sconfortante sensazione: tutto stava per finire!
Guardai il calendario, non mancava un giorno ma due mesi ma quello che avevo imparato era che due mesi d'australia scorrono veloci come pochi giorni.
Era tempo, è tempo, sarà tempo per questi due mesi (che ora sono già un mese e mezzo) di iniziare a pianificare il futuro, un altro viaggio, un altro aereo, un'altra tappa in asia, un ritorno a casa o un ritorno in australia senza working holiday ma con uno student visa con tutte le sue limitazioni e i suoi costi.
É tempo di pensare a quel futuro a medio termine che in questi dieci mesi avevo accantonato concentrandomi sul breve termine, sulle innumerevoli quanto inaspettate situazioni che accadevano con cadenza settimanale e alle quali cercavo di adattarmi per ottenere il meglio.

É tempo di decidere.

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IL SALTO DEL KOALA by FABIO MUZZI is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.