sabato 24 agosto 2013

Cinquantadue


Le settimane scorrevano troppo veloci, ogni settimana che con risoluzione decidevamo sarebbe stata l'ultima accadeva qualcosa che ci faceva desistere. L'organizzatrice del rodeo, entusiasta per come pulivamo di mattina presto il suolo dai relitti alcolici della sera prima, ci propose di piccare lime nei giorni seguenti. Ovviamente accettammo. Saremmo stati ancora da Patch senza esserci troppo a stretto contatto e allo stesso tempo “facendo moneta” come diceva lui.
Perchè stavamo ancora da Patch non è facile spiegarlo. Non era solo per il fatto di azzerare i costi di vitto e alloggio, non del tutto. Credo fosse collegato al bisogno di avere un luogo da chiamare casa, dove svegliarsi e dove ritornare la sera, dove cercare di mettere un pizzico di radici. Perchè lui non ci cacciasse benchè il nostro tempo a disposizione per lui fosse drasticamente calato credo sia riconducibile al concetto di solitudine. Aveva divorziato dalla moglie e in un certo senso anche dai due figli, la femmina si era sposata e aveva cambiato città, il maschio abitava qua vicino ma non si vedevano mai. Noi eravamo i suoi surrogati di figli, noi lo ascoltavamo nei suoi deliri, e lo aiutavamo in tutto, eravamo quello che i suoi figli non erano stati, ma noi non avevamo alternative e noi eravamo solo di passaggio. Aveva anche una fidanzata con la quale presumo riuscisse ad avere un buon rapporto perchè la maggior parte del tempo erano lontani, molto lontani, lei era in Inghilterra. Il suo carattere scontroso lo aveva isolato in una casa vuota durante la settimana, mentre si circondava di gente di passaggio nel fine settimana al mercato e in ostello, ma quella gente non erano amici, erano clienti e backpackers avventori occasionali.

Per questo credo ci telefonasse, anche quando non lo accompagnavamo, per raccontarci i piatti cucinati o l'esito del mercato. Eravamo diventati i suoi amici e i suoi figli ideali.

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