giovedì 31 gennaio 2013

Pork belly fields forever



Non hai le forze quando arriva l’ennesimo giorno di lavoro, quando si prospettano altre dieci ore di lavaggio piatti, quando il mal di schiena del giorno prima che avevi placato dormendo, ricaricandoti come fa il tuo telefono cellulare, quando quel mal di schiena che sembrava passato torna a farsi sentire una mezzora prima di tornare a faticare e sogni massaggi professionali o pillole che facciano sparire dolori, ma non è il momento – forse arriverà quel momento, ma non mezzora prima di tornare a faticare – e allora fai qualche esercizio di stretching in mezzo  a quella gente no worry per cui rappresenti bassa manovalanza, fai gli esercizi che facevi prima di entrare in campo e dare tutto e trovi un palo in cui strofinare la schiena come fossi un gatto, ma strofinarla forte là dove ti fa male – più dolore attutirà il dolore – mentre ti guardi le mani e i taglietti che stentano a rimarginarsi, poi entri ti cambi ti specchi al volo e nel gesto di cambiarti o nell’atto di specchiarti il cervello ti fa un regalo, ti somministra una scarica d’adrenalina che fa sparire per qualche ora – non tutte quelle per cui lavorerai – il dolore e sei pronto e pensi a quello che dice elia che sta in cucina che quando passa ti dice “ci rifaremo” e sei pronto ed entri e ad aspettarti ci sono dei “ciao come va?” a cui non interessa risposta e puoi rispondere solo “ciao” e ad aspettarti c’è anche una pila di piatti piani sporchi, piatti cupi e sporchi, piatti di legno sporchi, padelle e pentole sporche-e-bruciate-e-incrostate e tu li guardi, per un momento tutti, poi con lo sguardo li sezioni, capisci da quali iniziare e ti attacchi a quel tubo che scende dal muro che sputa quell’acqua bollente che i primi giorni ti lessava l’altra mano, quel tubo che odiavi e che ora invece rappresenta la tua ancora da lì a fine giornata – un’ancora all’insù che sorregge le tue debolezze – e ti ci attacchi come un tarzan moderno che invece di urlare rimugina pensieri deliranti, canticchia, ma fondamentalmente pensa pensieri che si involvono: quelli esistenziali troppo complessi dei primi giorni richiedono troppa attenzione e lasciano spazio a pensieri rapidi folli, giochi di parole – “pork belly fields forever” ti provoca un impercettibile sorriso -, autoincitamenti e ogni pensiero è intervallato dalla prossima azione da compiere, da come ottimizzare il tempo e lo spazio da come uscire prima possibile da quella cucina e da come ricaricarti a letto – fanculo la paga oraria, quello che si prende è già abbastanza.

Nessun commento:

Posta un commento

Licenza Creative Commons
IL SALTO DEL KOALA by FABIO MUZZI is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.