martedì 1 gennaio 2013

Vigilia, natale e santo boxing day



24. La luce del sole estivo di dicembre si riflette sulla goccia che scivola lenta sul dorso della mano che impugna una lattina di birra ghiacciata – una XXXX Gold, lattina da 375 ml, 30 lattine per 36 dollari australiani – guardo la goccia e realizzo che domani sarà natale. Sento che una goccia di sudore sta per uscire dalla mia fronte e già una mosca atterra su quel punto ad aspettarla. Quando stai per partire per l’Australia tutti quelli che non ci sono mai stati ti parlano solo della moltitudine di animali pericolosi che l’infestano, quelli che ci sono già stati ti parlano di tutt’altro, di quanto sia splendida. Nessuno ti parla delle mosche. Le mosche non sono pericolose, ma sono una specie di condanna, piccole e fastidiosamente arroganti riescono a captare ogni goccia di sudore ancora prima che sia uscita, si posano negli occhi, cercano di entrare nella bocca, nel naso e, soprattutto, percepiscono le preoccupazioni su cui planano anche se sei immobile per non sudare e forse ti spieghi com’è che gli australiani non ne abbiano (preoccupazioni, non naso o bocca). Sono seduto in giardino, torso nudo, pantaloncini e infradito. È caldo ma domani lo sarà di più: sono previsti 40° per natale, il termine più appropriato per la situazione è insolito.
25. Sto guidando verso la spiaggia. Sono le 8 di mattina del giorno di natale, la radio accesa su una stazione a caso, tanto per imparare la lingua, trasmette una serie infinita di canzonette natalizie. Nonostante più che natale sembri ferragosto, sale un pizzico di malinconia. Per essere l’australia la spiaggia è decisamente affollata: su un chilometro di spiaggia riesco a contare una ventina di persone, forse trenta. Sono le 8.30, il sole è già piuttosto alto, sembra abbia fretta di raggiungere lo zenith e osservare da lassù le chieriche incipienti fino alle 3 p.m., la pelle chiara chiede protezione, i bambini intorno fanno il bagno con la maglietta, quelli musulmani con una specie di muta che lascia scoperti solo volto e piedi, ricordo la mia infanzia, gli eritemi, le urla materne, i bagni con la maglietta. È un crescendo di malinconia, devo buttarmi. L’acqua è fredda solo al primo impatto, la malinconia che si stava incrostando alla pelle con relativa immancabile visita di qualche mosca, si scioglie con l’acqua salata. Niente albero, niente presepe, niente focolare, niente pranzone, niente parenti, niente stella cometa, solo tre stelle marine trovate nell’acqua bassa, decisamente più interessanti di quelle appese al presepe. Rimane giusto un velo di malinconia ma nemmeno troppa. Buon natale.
26. Boxing day è qualcosa di puramente anglosassone. Non so quante volte abbia cercato di capire il motivo della celebrazione del giorno di santo stefano, il giorno dopo natale, ma so che altrettante volte l’ho dimenticato, rimanendo con la sensazione che si tratti di un giorno di smaltimento delle grandi abbuffate. Ora – a dispetto del desiderio dei vari stefano – il giorno dopo natale mi trovo a dover decifrare il significato di boxing day. Quel che capisco è che ha a che fare con i saldi, o viceversa. Una stramba coppia di australiani (lui noleggia tende per il mercato e lei ha una bancarella che vende girandole o mutande o dvd dei sopranos o borse di paglia o uova o occhiali o mango, o maglie pacchiane di Eminem, ogni giorno cambia gli articoli in base a qualche incomprensibile legge del marketing) spesso sbronzi dalla mattina e a cui piace sfidarsi a gara di rutti, ruvidi ma in fondo di cuore, mi danno spiegazioni più o meno credibili. Quelle su cui insistono maggiormente sono che la gente è disposta a prendersi a pugni pur di accaparrarsi i migliori pezzi in sconto con i saldi (cfr. boxare, verbo il verbo della boxe), oppure è il giorno in cui si possono tirare scatole addosso alla gente per il solo piacere di farlo (cfr. box, inteso come contenitore). 

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