Al di là della colazione offerta, la precarietà degli ostelli –
buoni per i primi giorni – ci spinge a cercare casa, una sistemazione stabile
dove aprire le valigie mettere una base leggermente più stabile e non
preoccuparsi di prenotare ogni tre giorni sperando che nel frattempo non siano
finiti i posti. Da dove iniziare a cercare casa se non provando con gumtree? Ed
effettivamente i risultati arrivano. Le stanze ci sono, per le coppie hanno
prezzi alti ma abbordabili e – a conti fatti, decisamente più bassi rispetto
agli ostelli. Ovviamente vanno viste tutte per capire e scegliere la migliore.
I prezzi vanno dai 180 dollari a settimana (per quella che in realtà sarebbe
una singola ma stringendosi si può fare) a quasi i 350 dollari a settimana per
case in stile giapponese, decisamente eccessive per un backpacker sia come
prezzi che come stile. La prima casa che vediamo si trova a North Perth, è una
villetta singola, come tutte le case appena fuori il centro e come la maggior
parte di quelle che vedremo. Se il prezzo includesse le spese e se il
precedente inquilino non si portasse via tutto compreso il letto potremmo anche
accettare, ma la richiesta di 155 dollari a testa più spese e il dover cercare
un letto senza avere mezzi per trasportarlo, ci fa passare alla casa
successiva, quella in cui lasceremo il cuore. Si trova a Victoria Park e,
benchè non sia una villetta, ma un condominio, sembra deliziosa, così come gli
inquilini, asiatici e australiani, come il pappagallo che hanno e come il
prezzo: 275 a coppia tutto compreso. Anche qui ci prendiamo tempo, così come se
ne prendono loro, perché la gente che cerca casa è tanta e infatti quando gli
faremo sapere che per noi sarebbe perfetta, ci rispondono che hanno trovato
un’altra coppia, peggio per loro. Giriamo per altre 5 o 6 case, scoprendo vari
sobborghi di Perth, dopo ore sull’autobus e a camminare sotto il sole alla
ricerca degli indirizzi, ci siamo fatti un’idea della periferia, dei mezzi di
trasporto da usare per raggiungerli (il treno è di gran lunga più veloce e diretto
dell’autobus, come ovunque, ma non arriva in molte zone, come ovunque) e
abbiamo stilato una classifica delle case. Ho ripromesso a tutti di richiamarli
in ogni caso per fargli sapere la decisione, e quando l’ho fatto avevo dei
buoni propositi. Tuttavia inizia una fase di tracollo verticale che mi
destabilizza, facendo perdere le buone intenzioni. Dalla casa che avevamo
scelto come la più idonea – quella con pappagallo annesso – mi rispondono che
hanno già trovato, il malese con la casa in stile giapponese fatta in onore
della fidanzata che poi lo ha mollato (per uno meno servizievole che si droga e
passa le giornate sul divano a ruttare ad ogni meta della sua squadra di rugby
preferita, suppongo) mi chiama lui per dirmi che ha trovato altro. Dalle altre
case - alcune sperdute, altre decisamente economiche ma decisamente troppo
stile “this is london” che a malapena hanno le porte e le crepe sui muri
superano gli scarafaggi – non ricevo chiamate né li chiamo io rimandando a
decisione compiuta: così ne scelgo una non molto vicina, ma limitrofa alla
fermata del treno, che poi è il capolinea, e che ha un grande vantaggio: quello
di essere la più economica, di non richiedere né bond (che sarebbe la caparra e
qui la freddura viene spontanea James Bond in italiano sarebbe Giacomo Caparra)
né pagamenti in anticipo, è una stanza singola ma adattabile a doppia; Sandy,
il ragazzo australiano che ci abita con due fratelli neri sudanesi di un nero
ebano, ci spiega che non chiede né bond né caparra perché ovviamente per una
coppia è una sistemazione temporanea in mancanza di meglio… Dopo aver fatto
finta di pensarci su prima di vedere l’ultima – che merita un capitolo a parte –
gli mando un sms dicendo che abbiamo scelto la sua. Nessuna risposta. Incontro
un ristoratore italiano che si sconvolge per il fatto che io abbia fatto dormire
una ragazza in ostello con altri maschi e mi invita a chiamare Sandy al più
presto. Lo chiamo. Mi risponde, accetta! È fatta! Possiamo lasciare l’ostello.
Gli dico che abbiamo ancora un giorno da fare in ostello e la mattina seguente
saremo da lui. Ok, don’t worry. Ok. Ok. See you soon. La sera mi scrive un
messaggio che mi lascia di sasso: la stanza è stata data ad un altro inquilino,
uno che si fermerà un po’ più, qualcosa come per sempre. Rispondo cercando di
mantenere la calma. Che peccato, don’t worry (don’t worry un cazzo, saltano i
piani, c’è da prolungare l’ostello sperando ci sia posto, cercare ancora o
scegliere tra una di quelle viste sperando che siano ancora libere). E invece
lui mi risponde, con l’atteggiamento friendly che sto riscontrando in
moltissimi australiani, una cosa che non gli sarebbe dovuta, ovverosia che ha
già chiesto a dei suoi amici, tra cui la sorella dei suoi coinquilini, se hanno
stanze disponibili e che appena gli fanno sapere ci viene a prendere con la
macchina per vedere le eventuali stanze libere. Ed è così che conosciamo Susan.
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