Patch solleva cassette di
frutta da 5, 10, 20 kg ogni giorno, Patch ha grossi polpacci e
braccia muscolose, un fisico invidiabile per un sessantenne, se non
fosse per una rotonda pancia alcolica.
Quando Patch guida il camion il
morso inverso si nota di più e ricorda Braccio di Ferro. Soprattutto
se nel frattempo sta fumando le sue sigarettine di damiana.
Patch per vedere se le
tagliatelle sono cotte ne prende una e la tira contro la parete,
secondo lui se si attacca è pronta, se cade dietro il forno
elettrico dove non può arrivare e neanche se ne cura tanto di
arrivarci, allora deve ancora cuocere. Inutile dire che dietro quella
stufa ci sarà un etto di pasta al dente, a meno che non piaccia alle
blatte.
Nel giardino di Patch cresce
ogni sorta di pianta senza alcun senso logico e il suo metodo, seppur
funzionante, mi lascia perplesso soprattutto per la puzza di frutta e
verdura in putrefazione: quello che fa è limitarsi a prendere il
cibo in avaria e rovesciarlo in giardino dove prima o poi rinascerà
come pianta.
Dopo una decina di giorni
anch'io getterò con gusto resti in punti casuali del giardino.
Dopo un mese, quando lui non ci
guarderà, mentre selezioneremo i pomodorini buoni, io e lei ci
tireremo pomodori marci addosso.
Patch stricia le infradito sul
suolo senza alzare i piedi da terra e questo è l'unico segnale che
anticipa di poco la sua comparsa, dopodichè inizia il monologo.
Quando entri nel suo giardino
sei investito dalla puzza di marcio, poi il cervello fa una cosa di
cui non ti accorgi nell'immediato, ma la noti a posteriori (e lo
ringrazierai per questo), quello che fa è collegarsi all'input
visivo e, all'approssimarsi di quel giardino, ogni volta futura, lui
– il cervello – spegne l'olfatto.
A posteriori capisco anche da
cosa deriva la scarsa voglia che abbiamo di dialogare con il
prossimo: non dipende soltanto dal bisogno di silenzio, che comunque
è innegabile, ma è anche collegato alla sua incombenza su di noi,
un senso di possesso, come fossimo i suoi figli ebeti, come quando
mia madre usava presentarmi ad illustri sconosciuti (per me),
personaggi più o meno autorevoli che magari mi sarebbe anche
piaciuto conoscere ma in una diversa situazione, non certo
nell'essere introdotto da quest'eccentrica signora come il figlio che
ha fatto questo e quello, come si trattasse di una situazione
perpetratasi lungo questi trent'anni di presentazioni, come se ad
ogni mano stretta dopo la presentazione non mi fossi mai evoluto,
mentre mi evolvevo da solo, in questi trent'anni di materne
presentazioni ho sempre conservato lo stesso imbarazzo e la stessa
sensazione di trovarmi fuori luogo, così succede con lui, tutti ci
associano a lui, sia i ragazzi in ostello nel momento di massimo
splendore quando sforniamo piatti eccezionali per qualità rapportata
a prezzo, sia gli uomini in paese, o ancora in ostello quando nei
momenti meno gloriosi ci insegue per la cucina comune per farci
mangiare quei miscugli artistici sempre al limite della sottile linea
di demarcazione che separa sperimentazione innovativa da miscuglio
immangiabile, o quando al mercato o nelle varie farm che gira si
intromette o non ci lascia parlare affatto perchè si è convinto che
abbiamo problemi con l'inglese (come se in dieci mesi qua fossimo
andati aventi a gesti).
Ancora una volta mi chiedo se
sia io quello strano, ma quando invita tre ragazze italiane,
backpackers che lavoricchiano in paese (per poi farsi bello nei
giorni a venire con gli avventori del pub per aver sfamato cotante
donzelle) le tre, quando la cena non è ancora a metà, ci prendono
in disparte e ci chiedono come riusciamo a convivere e di nuovo mi
consolo.
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