Sul far della sera ridevano i
laughing jackass
E di notte i gechi sembravano
imitarli.
Altri uccelli imitavano il
miagolio del gatto o il passaggio del treno
Lei imitava le frasi
sconclusionate di Patch
Io imitavo “amici miei” e a
Patch facevo supercazzole a ruota
Tutti imitiamo qualcosa
La vita imitava se stessa nel
suo tratto più affascinante
Ma le imitazioni durano giusto
il tempo di stancare
E un po' di più. Poi succede
qualcosa
A me piacciono gli animali ma
non ho lo stesso spirito compassionevole che ha lei che in effetti è
prerogativa perlopiù femminile. É così che una sera, quando lei
non c'era, Patch mi ha chiamato per mostrarmi in segreto ciò che
inseguiva da tempo. Erano giorni che papaie e avocadi, colpevolmente
dimenticati in giardino, recavano segni di morsi che non erano quelli
caratteristici del lungo e sottile becco dell'ibis ghiotto di papaie;
questi morsi erano ben più larghi e si notava il segno di denti. Non
era un uccello quello che Patch cercava e che aveva finalmente
intrappolato, era un opossum.
Me lo mostrò di notte alla
luce di una delle torce che aveva sempre con sé, come di consueto
non riuscì a condividere ciò che per me era eccezionale, così,
dopo un paio, forse cinque secondi, era già tornato in casa
lasciandomi al buio a contemplare il tremolante e timoroso silenzio
che bucava le sbarre e pervadeva il nero.
Come promisi a Patch, sul
momento non le dissi nulla e andai a dormire col flash dell'opossum
ingabbiato e indifeso e immobile ma con strani movimenti all'altezza
del ventre.
Quella notte sognai molto.
Sognai l'opossum in gabbia,
sognai che era una femmina e che aveva un cucciolo molto lungo e
molto sottile tanto da riuscire a passare – il piccolo –
attraverso i reticoli della gabbia e avvertire il padre dell'accaduto
(il padre era un distinto opossum un po' vecchiotto con bastone e
cilindro e con qualcosa a quadri, forse i pantaloni, forse un
gonnellino scozzese). Non mi sono soffermato troppo su significati
freudiani, qualora ce ne fossero, del sogno per due motivi. Il primo
era che il senso generale della visione era abbastanza chiaro:
l'opossum andava liberato. Per questo avevo bisogno di lei per
convincere lui, lui che mi aveva confessato la tentazione di sparare
a lei (all'opossum) anziché sprecare benzina per liberarla lontano.
Così semplicemente la mattina le dissi di andare a vedere la gabbia
senza rivelare chi glielo avesse suggerito. Quella mattina, oltre a
riuscire nell'intento grazie alla sua compassione e al suo sorriso,
avemmo conferma del mio sospetto: nel marsupio c'era davvero un
cucciolo, sporgevano zampe e coda, il poppante fu un motivo in più
per dimostrare clemenza e ottenere la grazia. Del padre con
gonnellino scozzese non c'era però traccia. Ovviamente.
Il secondo motivo per cui
liquidai sbrigativamente quel sogno era un altro sogno che mi lasciò
molto più irrequieto. C'erano sempre animali, ma ciò che mi turbò
fu la sensazione con cui mi risvegliai. Fu una di quelle volte in cui
nel sogno si prende coscienza di qualcosa, uno di quei sogni che ti
scuotono dal torpore.
Nel secondo sogno ero su uno
scoglio e sotto di me, in acqua, vedevo chiaramente mante giganti e
pesci sega muniti appunto di sega elettrica ma evidentemente innocui
e tra loro c'erano un paio di persone che facevano snorkeling. Era
sera, era troppo tardi per buttarmi, così pensai - nel sogno - che
l'avrei fatto il giorno seguente e mentre me ne andavo fui colto da
quella sensazione che mi rimase poi anche al risveglio: il giorno
dopo i miei giorni di visto ancora a disposizione sarebbero
terminati. Mi svegliai con questa sconfortante sensazione: tutto
stava per finire!
Guardai il calendario, non
mancava un giorno ma due mesi ma quello che avevo imparato era che
due mesi d'australia scorrono veloci come pochi giorni.
Era tempo, è tempo, sarà
tempo per questi due mesi (che ora sono già un mese e mezzo) di
iniziare a pianificare il futuro, un altro viaggio, un altro aereo,
un'altra tappa in asia, un ritorno a casa o un ritorno in australia
senza working holiday ma con uno student visa con tutte le sue
limitazioni e i suoi costi.
É tempo di pensare a quel
futuro a medio termine che in questi dieci mesi avevo accantonato
concentrandomi sul breve termine, sulle innumerevoli quanto
inaspettate situazioni che accadevano con cadenza settimanale e alle
quali cercavo di adattarmi per ottenere il meglio.
É tempo di decidere.
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