24. La luce del sole estivo di dicembre si riflette sulla
goccia che scivola lenta sul dorso della mano che impugna una lattina di birra
ghiacciata – una XXXX Gold, lattina da 375 ml, 30 lattine per 36 dollari
australiani – guardo la goccia e realizzo che domani sarà natale. Sento che una
goccia di sudore sta per uscire dalla mia fronte e già una mosca atterra su
quel punto ad aspettarla. Quando stai per partire per l’Australia tutti quelli
che non ci sono mai stati ti parlano solo della moltitudine di animali pericolosi
che l’infestano, quelli che ci sono già stati ti parlano di tutt’altro, di
quanto sia splendida. Nessuno ti parla delle mosche. Le mosche non sono
pericolose, ma sono una specie di condanna, piccole e fastidiosamente arroganti
riescono a captare ogni goccia di sudore ancora prima che sia uscita, si posano
negli occhi, cercano di entrare nella bocca, nel naso e, soprattutto,
percepiscono le preoccupazioni su cui planano anche se sei immobile per non
sudare e forse ti spieghi com’è che gli australiani non ne abbiano
(preoccupazioni, non naso o bocca). Sono seduto in giardino, torso nudo,
pantaloncini e infradito. È caldo ma domani lo sarà di più: sono previsti 40°
per natale, il termine più appropriato per la situazione è insolito.
25. Sto guidando verso la spiaggia. Sono le 8 di mattina del
giorno di natale, la radio accesa su una stazione a caso, tanto per imparare la
lingua, trasmette una serie infinita di canzonette natalizie. Nonostante più
che natale sembri ferragosto, sale un pizzico di malinconia. Per essere
l’australia la spiaggia è decisamente affollata: su un chilometro di spiaggia
riesco a contare una ventina di persone, forse trenta. Sono le 8.30, il sole è
già piuttosto alto, sembra abbia fretta di raggiungere lo zenith e osservare da
lassù le chieriche incipienti fino alle 3 p.m., la pelle chiara chiede
protezione, i bambini intorno fanno il bagno con la maglietta, quelli musulmani
con una specie di muta che lascia scoperti solo volto e piedi, ricordo la mia
infanzia, gli eritemi, le urla materne, i bagni con la maglietta. È un
crescendo di malinconia, devo buttarmi. L’acqua è fredda solo al primo impatto,
la malinconia che si stava incrostando alla pelle con relativa immancabile
visita di qualche mosca, si scioglie con l’acqua salata. Niente albero, niente
presepe, niente focolare, niente pranzone, niente parenti, niente stella
cometa, solo tre stelle marine trovate nell’acqua bassa, decisamente più
interessanti di quelle appese al presepe. Rimane giusto un velo di malinconia
ma nemmeno troppa. Buon natale.
26. Boxing day è qualcosa di puramente anglosassone.
Non so quante volte abbia cercato di capire il motivo della celebrazione del
giorno di santo stefano, il giorno dopo natale, ma so che altrettante volte
l’ho dimenticato, rimanendo con la sensazione che si tratti di un giorno di
smaltimento delle grandi abbuffate. Ora – a dispetto del desiderio dei vari
stefano – il giorno dopo natale mi trovo a dover decifrare il significato di
boxing day. Quel che capisco è che ha a che fare con i saldi, o viceversa. Una
stramba coppia di australiani (lui noleggia tende per il mercato e lei ha una
bancarella che vende girandole o mutande o dvd dei sopranos o borse di paglia o
uova o occhiali o mango, o maglie pacchiane di Eminem, ogni giorno cambia gli
articoli in base a qualche incomprensibile legge del marketing) spesso sbronzi
dalla mattina e a cui piace sfidarsi a gara di rutti, ruvidi ma in fondo di
cuore, mi danno spiegazioni più o meno credibili. Quelle su cui insistono
maggiormente sono che la gente è disposta a prendersi a pugni pur di
accaparrarsi i migliori pezzi in sconto con i saldi (cfr. boxare, verbo il
verbo della boxe), oppure è il giorno in cui si possono tirare scatole addosso
alla gente per il solo piacere di farlo (cfr. box, inteso come contenitore).
Nessun commento:
Posta un commento