Lavorare
logora, ma è per logorarci che viviamo, in un modo o nell'altro.
Logora lo spirito e/o il corpo. Quasi sempre entrambi. Quando il
lavoro è solitario e prettamente fisico anche lo spirito può
logorarsi nel senso di lasciarsi andare. Quando chi si logora
fisicamente riesce a non concentrarsi esclusivamente sulle azioni da
compiere , i suoi gesti risulteranno variabili, scostanti e
imprevedibili, così come i suoi pensieri. Lasciarsi andare significa
tendere a qualche forma di pazzia, ma anche lasciarsi andare ad
azioni che rispecchiano la natura dei pensieri. Imprevedibili.
Significa immaginare situazioni, partire da momenti di vita per
creare storie, storie che salvano dalla routine, storie che che
circumnavigano la pazzia o forse ci entrano dentro dritte e la
tagliano in due, storie stupide. Come la storia di Cinerentolo e
Cinerentola che erano scappati all'estero per scoprire se un altro
mondo esisteva veramente. E all'estero tutti erano anglofoni e li
chiamavano Cinderello e Cinderella, ma poco cambia. Cinerentolo e
Cinerentola erano scappati da un mondo sporco per ritrovarsi in uno
molto più pulito (in apparenza soprattutto, ma a volte anche in
sostanza) che per essere così pulito si avvaleva delle menti più
brillanti di tutto il mondo. Ora, l'idea di sfruttare persone
intelligenti nel senso di intelligenza mentale per lavori manuali
sembrava contraddittoria al Cinerentolo, ma ragionandoci sopra capiva
che non era poi tanto sbagliata: il paese si mostrava ostico ma era
propenso a premiare il carattere, la determinazione e l'ostinazione
in futuro a medio termine e in più avere una mente brillante
facilitava la pulizia di superfici opache e oltretutto permetteva di
sopravvivere al dolore fantasticando storie come la loro. Cinerentolo
che prima era stato scelto come cuoco, ma solo dopo un ripescaggio,
aveva poi dovuto fare i conti con l'infingardia di quelli del suo
stesso paese e, per una nuova legge creata ad hoc, il suo ripescaggio
era stato annullato. Cinerentolo però era ostinato e umile e poteva
farsi ancora più umile e ostinato e allora partecipò alla
competizione per lavapiatti. Due volte. La prima volta non comprese
bene le regole e venne eliminato, la seconda volta capì quasi tutto,
quasi perchè i suoi studi anglofoni non avevano mai previsto i
termini tecnici della cucina e così imparò a chiamare tagliere
board o cut board, che box vale un po' per tutte le scatole e bag
sono le buste che vi sono dentro, sink è il lavandino e prawn sono i
gamberi mentre i calamari si chiamano calamari nei ristoranti
anglofoni e squid in quelli italiani e questa cosa proprio non la
capiva.
Per
sopravvivere, inoltre, dava valore alle piccole cose come quando,
dopo aver tagliato tonnellate di teste di calamari, dovette, per la
prima volta, sezionare anche le gambette e tra centinaia di queste
divise a due a due, trovò una piccolissima stella marina originaria
di qualche mare asiatico e imbustata tra i molluschi commestibili e
allora lui mostrò la stella a tutti e tutti si stupirono e lui si
chiese com'era possibile che non fosse mai successo a nessun altro ma
solo a lui e per giunta la prima volta che si cimentava nella
gambizzazione. Delle due l'una: o gli altri non sapevano accorgersi
delle piccole cose, oppure era un segno. Lui pensava fossero entrambe
le cose, anche se non sapeva quale significato attribuire al segno.
Cinerentolo,
che avrebbe preferito un nome romantico tipo Sentimento Primo, era
perso in movimenti veloci come veloci dovevano essere le sue azioni
per finire il prima possibile e stupire le manager impazienti,
simpatiche fino alle 2330h e poi improvvisamente acide, e tuffarsi
nel letto nell'abbraccio caldo di Cinerentola che nel frattempo era
sprofondata in un meritato riposo con i vestiti del lavoro ancora
indosso.
I
vestiti erano neri. Nera era lei, nero anche lui, entrambi in lutto
per il senso del piacere sacrificato per dovere. La maglia di lei era
fornita dai padroni, la maglia di lui no. Succedeva così che la sua
unica maglia completamente nera non era sufficiente perchè ogni sera
a fine lavoro era completamente zuppa dell'acqua calda che puliva i
piatti e era anche sporca perchè in fondo gli piaceva sporcarsi.
Sporcarsi per poi pulirsi, più era sporco, più avrebbe tratto
soddisfazione nel pulirsi. Così alternava la maglia nera – in un
ciclo continuo di lavatrici, lavaggi e controlavaggi e centrifughe e
centripete – con una maglia vecchissima che era premio e ricordo di
una vacanza giovanile e la città era magnifica e la maglia te la
regalavano se in una stessa sera consumavi cinque drink in cinque
locali diversi. Lui in una sera ne aveva vinte due, una per lui e una
per un'amica a cui non piaceva l'alcol ma voleva la maglia, poi del
resto di quella sera non ricordava molto di più. Poi aveva anche
un'altra maglia nera, questa non aveva un disegno stilizzato di una
città ritratta in modo barocco, ma aveva stampate sù le facce dei
Ramones ed era particolarmente pacchiana e lui (che aveva un'estetica
italica nel vestire che fungeva da sostrato del suo vestirsi a caso
che lui amava definire “casual”) l'aveva accettata in quanto
regalo, sapendo che difficilmente l'avrebbe indossata fuori dalla
camera da letto dove tutto era concesso. Non che considerasse i
Ramones pacchiani, anzi li considerava come tappa ineludibile di una
formazione musicale occidentale adolescenziale che poi prenderà
pieghe più o meno rock ma da lì dovrebbe passare e tra l'altro in
tempi recenti aveva anche sentito il concerto dell'unico superstite
in una malinconica e allegramente triste rivisitazione dei tempi che
furono. Così vestito di nero dalla maglia alla punta dei piedi –
nel senso dell'unghia nera dell'alluce causata dalle prime scarpe
nere troppo piccole per una cattiva interpretazione delle taglie –
pensava alle relazioni di interdipendenza: dallo chef capo ai due
sottochef, tutti questi gli avevano fatto la confidenza di avere un
passato come lavapiatti. A lui tornava alla mente quando ebbe una
discussione con una professoressa ottusa che sosteneva che tutti
coloro che si fanno una canna poi finiscono dritti all'uso di eroina
e lo sosteneva perchè un'indagine condotta sugli eroinomani
dimostrava che tutti avevano iniziato facendosi una canna, lui poteva
accettare questa semplicistica relazione a ritroso ma negava
l'obbligato e inevitabile passaggio dell'una all'altra. Allo stesso
modo si chiedeva se, dato che tutti gli chef avevano iniziato come
lavapiatti, allora tutti i lavapiatti, secondo la professoressa,
sarebbero diventati chef e allora sapeva già come sarebbe stato il
suo futuro. Ma poi rigirava la domanda chiedendosi se tutti i
lavapiatti poi diventano chef. Questa era la giusta domanda e la
risposta era inevitabilmente NO. Al termine del ragionamento tornava
alla realtà al lavandino che gocciava sulle scarpe di plastica con
sulla parte superiore buchi traspiranti aria o inspiranti acqua a
seconda della situazione, allo schizzo di maionese che gli si era
stampata sulla maglia nera in una striscia orizzontale che terminava
sulla sua barba incolta e chi passava lo trovava goffamente
appetitoso. I piedi bagnati nei calzini inzuppati dai buchi
inspiranti reclamavano aria fresca, lui guardava i suoi piedi con uno
sguardo che mischiava compassione e senso di colpa e allo stesso
tempo comunicava un messaggio: come nella favola si parla di
mezzanotte e scarpette perdute, sapete bene che intorno alla
mezzanotte, prima ancora di entrare in casa vi sfilo questa gabbia
fatta di plastica scadente per farvi assaporare la freschezza della
terra notturna e della brezza marina, toccare e respirare assieme,
poi a letto vi metto all'altezza del resto del corpo e potrete fluire
via la stanchezza che per gravità è scesa verso il basso.
Poi
un giorno – mentre ragionava, di un ragionamento più complesso del
solito di quelli che vengono una volta ogni tanto e necessitano di
una montagna di piatti da lavare e una retro cucina deserta eccezion
fatta per lui, ragionava sull'importanza, purtroppo, di trovare gente
che parlasse la sua stessa lingua, purtroppo perchè così facendo
interrompeva il flusso di apprendimento di vocaboli stranieri lento
ma costante, che nel suo diagramma di apprendimento in cui
comparivano “inglese” sull'asse delle ordinate e “tempo”
sull'asse delle ascisse, formava una linea apparentemente orizzontale
e apparentemente parallela all'asse temporale, ma che, in realtà,
osservandola meglio tendeva gradualmente verso l'alto, non risultando
pertanto propriamente parallela, per quanto riguardava Cinerentola
invece la linea retta partiva da un livello prossimo allo zero per
assumere una direzione obliqua tendente verso l'alto che denotava
enormi progressi in un ristretto arco di tempo; c'è da ammettere
inoltre che la forma retta della linea sia possibile tracciarla
soltanto in considerazione di un arco di tempo considerevolmente
lungo, mentre la linea non è più retta, ma assume un progredire
scostante ma comunque sempre tendente verso l'alto, inteso come
miglioramento della lingua, se considerata in un arco di tempo più
breve che tenga conto del trascorrere dei giorni ed evidenzi meglio i
singoli episodi quotidiani (incontrare gente di differenti regioni
del mondo, guardare film o televisione, leggere giornali, capire le
canzoni)... l'importanza del parlare la sua stessa lingua nasceva dal
bisogno di utilizzare un vocabolario più ampio, avere la sicurezza
delle parole complesse come
sostrato-superficiale-imbarazzo-valori-identità-discriminazione-inettitudine-infinito,
tempi verbali complessi e consecutio temporum e trattare temi di
comune interesse e scambiarsi esperienze diverse ma accomunate da una
simile formazione e tradizioni che ne rende l'ascolto più godibile e
allettante. E questo bisogno, purtroppo, è un piacere difficile da
soffocare, alimentato anche dalla pochezza culturale del paese
ospitante, è per questo che da anni e per anni gli immigrati si
cercheranno tra loro e fonderanno club elitari in cui consumare
pietanze tipiche e giocare a bocce, biliardo e carte – e poi un
giorno, mentre il pensiero sugli scambi linguistici cercava di lenire
il dolore alla schiena, come nelle favole si presentò al suo
cospetto l'aiutante magico, quell'elemento del racconto che aiuta il
protagonista ad uscire da una situazione particolarmente complicata.
L'aiutante magico era un ragazzino con grandi occhiali squadrati resi
più grandi dagli occhi a mandorla, una folta chioma nera alla base e
marrone nella parte esposta al sole imbiondente, un grande entusiasmo
e un amore forse eccessivo per la patria natale del protagonista. Il
protagonista, che era meno innocente e puro di cuore, ancora non lo
aveva accolto come futuro amico e lo vedeva piuttosto con lo spirito
cinico tipico degli occidentali (che non riusciva a ritrovare in
nessun orientale) come un valido aiuto, di più, come risorsa da
sfruttare, sempre ovviamente con massimo rispetto. Una volta
accortosi dell'innocenza, della forza di volontà e di come
l'aiutante fosse indifeso al mondo, Cinerentolo offrì alloggio
nell'umile dimore al nuovo amico che ormai aveva capito essere un
essere magico. Da parte sua l'aiutante prese a chiamare Cinerentolo
“fratellone” (Cinerentolo era già fratellone di due sbarbini che
comunque non avrebbe scambiato con altri, ma niente vietava di
aggiungerne un altro, considerato che gli altri erano così lontani)
o addirittura gli confidò che qui lui era in sostanza il suo
“migliore amico”. Cinerentolo l'avrebbe abbracciato per questo, ma
la sua permanenza in quel luogo stava per terminare, sentiva il
richiamo del viaggio della natura e della strada e di aria nuova, e
abbracciarlo significava stabilire un nuovo forte legame e, in
previsione del momento in cui, anziché abbracciare qualcuno in
partenza, Cinerentolo sarebbe stato quello abbracciato, sentiva che
forse era meglio tenere mezzo braccio di distanza. Che poi sono
quelle decisioni di cui ti penti a posteriori, in realtà i
sentimenti andrebbero, anzi vanno esternati per bene, senza eccessi,
ma esternati.
Poi
l'aiutante prese ad avere sempre più ore di lavoro e il protagonista
sempre più tempo libero, cosa che all'inizio venne accolta come una
mano santa, ma che con l'aumentare del tempo libero venne vista
negativamente da Cinerentolo per l'eccessivo tempo libero; e avrebbe
anche dichiarato guerra alla voce del padrone se nel frattempo, nel
tempo libero in eccesso non avesse pianificato una via di fuga
comprando un mezzo e una mappa e ora aspettava alla finestra la fine
delle piogge per prendere per mano Cinerentola per trascinarla in una
nuova mirabolante avventura.
Cinerentola
intanto....
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